TUMORE DELL’OVAIO: POSSIBILE ABBATERNE LA CHEMIORESISTENZA DISATTIVANDO LA PROTEINA PI3K

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Nell’80% dei casi, il tumore ovarico è diagnosticato in fase avanzata. Questa difficoltà di individuarne lo sviluppo al I stadio deriva da due fattori: l’esordio, che si presenta in assenza di sintomi, e l’alto livello di eterogeneità cellulare.

Caratterizzare le mutazioni molecolari che ne rendono possibile la progressione risulta pertanto difficoltoso, ma i recenti studi effettuati dell’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con i ricercatori della Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, si stanno muovendo verso questo traguardo.

L’ambito di ricerca finora indagato è quello del sequenziamento del genoma tanto del tumore primario, quanto delle metastasi, al fine di portare alla luce quali siano le alterazioni molecolari che consentono alla patologia di progredire.

Con un approccio innovativo, il tumore ovarico di una singola paziente è stato studiato, ottenendone una serie di modelli sperimentali capaci di evidenziare ciascuno dei passaggi di sviluppo della malattia, fornendo così ai ricercatori i profili del DNA e dell’RNA dei vari modelli ricavati. Da questi sono stati in poi ricavati gli insiemi di mutazioni e di geni che si associano ad ognuno degli stadi di progressione del tumore.

Dall’incrocio di questi modelli con i dati presenti nei database globali è stato infine scoperto come le “firme molecolari” oggetto di studio possano fornire informazioni dal potere predittivo circa lo sviluppo del cancro e l’efficacia dei trattamenti ad esso associati.

Uno studio condotto su una sola persona, in definitiva, ha permesso di ottenere informazioni cliniche estendibili ad una più ampia platea di pazienti, portando anche alla luce un punto di debolezza del tumore ovarico.

È stato infatti dimostrato come la proteina PI3K ricopra un ruolo fondamentale nell’allungare la vita delle cellule staminali cancerose del tumore ovarico, presentandosi come un nuovo possibile bersaglio terapeutico. La sua inibizione, dunque, potrebbe superare la chemioresistenza del tumore.