PER CRESCERE, IL CANCRO IMITA GLI EMBRIONI

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Un team di neonatologi e fisiologi dell’Università di Pisa impegnato nello studio della retinopatia della prematurità, principale causa di cecità nei neonati prematuri, ha scoperto il maccanismo biologico alla base dello sviluppo di alcuni tumori particolarmente aggressivi.

Esattamente come avviene durante la crescita del feto nel grembo materno, infatti, i tumori utilizzano un particolare recettore adrenergico, noto come beta3, per indurre processi di acuta vascolarizzazione e accrescimento della propria massa.

Attraverso l’utilizzo di tale recettore, originariamente destinato a rendere più agevole lo sviluppo dell’embrione all’interno dell’organismo ospitante assicurandogli la possibilità di stimolare la propria vascolarizzazione, farsi accettare dal sistema immunitario suo e rendersi chemioresistente nell’utero materno, il tumore si “camuffa” da feto.

Il cancro, in definitiva, usurperebbe attraverso l’imitazione alcune capacità proprie degli embrioni, rendendosi così invisibile all’organismo nel quale sta crescendo e garantendosi uno sviluppo maggiore e più sicuro.

Penetrare il peculiare ruolo del recettore beta3 è stato dunque il fil rouge che ha guidato i ricercatori, aprendo la strada a nuovi e importanti filoni di cura tanto in ambito neonatale, quanto in quello oncologico.

Se da un lato la scoperta del team di professionisti rende probabile come le patologie presentate dai neonati prematuri, per quanto diverse tra loro, possano essere ascritte alla carenza di tale recettore; in ambito oncologico, la sfida inizia dall’indagine sull’esistenza di un possibile antagonista del recettore beta3. Una molecola che sia in grado di limitare l’azione del cancro, riconducendo l’attività del beta3 nell’alveo del meccanismo benefico che giova allo sviluppo degli embrioni.