AFRICA SUBSAHARIANA: ENTRO IL 2030 UN MILIONE DI CASI DI CANCRO

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Nel 2020 i casi di cancro nell’Africa Subsahariana sono stati 520.000. Entro il 2030 potrebbero raddoppiare, raggiungendo il milione. Sono gli esperti della Lancet Oncology Commission a lanciare l’allarme della cosiddetta “crisi africana”. Inoltre, emerge tristemente dai dati raccolti che l’impennata riguarderà prevalentemente le donne: tumore al seno e alla cervice uterina saranno i più diffusi.

La causa? Uno spaventoso mix di concause dalla natura molteplice e difficilissima gestione. Scarsa conoscenza dei fattori di rischio in primis, così come l’affidamento a rimedi tradizionali che spesso derivano addirittura dalla superstizione circa la natura della malattia. Grave carenza di strutture mirate alla prevenzione, diagnosi e cura; assenza di una formazione specialistica, specialmente pediatrica, e scarsità di personale qualificato; costi elevati dei medicinali e, anche nel caso in cui le terapie vengano ottenute e iniziate, elevatissimo tasso di abbandono delle stesse.

A ciò si aggiunga l’invecchiamento della popolazione, diffusi fattori di rischio ambientale, lontananza delle strutture ospedaliere e prevalenza della popolazione rurale, affermarsi di uno stile di vita occidentale improntato alla sedentarietà, all’abuso di alcol e sigarette.

Uno scenario tragico che preannuncia una vera e propria catastrofe sanitaria se non si deciderà di agire immediatamente per modificare la situazione, a partire dalla sensibilizzazione delle persone riguardo i fattori di rischio, spesso ignorati anche a causa del basso livello di istruzione generale.

Le campagne di salute pubblica, però, potrebbero incidere positivamente, come ha dimostrato il caso del Rwanda, che a seguito della campagna vaccinale contro l’Hpv è diventato uno dei Paesi con il più alto tasso di cittadini vaccinati al mondo.

Otto sono le azioni concrete da mettere in campo, conclude la Lancet Oncology Commission: sviluppare i piani nazionali di controllo del cancro; investire in registri oncologici nazionali; espandere la copertura sanitaria universale; attuare programmi pilota di screening; includere le cure palliative come parte della terapia; stabilire programmi di formazione specifica per l’assistenza sanitaria e le professioni mediche; istituire enti o comitati nazionali di ricerca, sviluppando collaborazioni esterne; investire in telemedicina.

Essenziale, in ogni caso, sensibilizzare la popolazione riguardo i rischi di uno stile di vita poco salutare e, prima ancora, mettere a disposizione strutture e servizi di prevenzione, la prima arma contro il cancro.