IN CRESCITA COSTANTE I CASI DI TUMORE DEL RENE

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Le visite urologiche, primo campanello d’allarme

 

Nel 2020 sono stati ben 13.500 i nuovi casi di tumore del rene, che ha colpito 144.000 italiani. Nonostante i decessi abbiano interessato in netta maggioranza la popolazione maschile (9.000 contro i 4.500 rilevati tra i malati oncologici di sesso femminile), l’incremento per fasce di età riguarda invece entrambi i sessi senza grandi distinzioni. Tuttavia, se il tumore del rene viene diagnosticato in fase precoce, il 50% dei pazienti guarisce. Nell’assicurare questo risultato è l’urologo a svolgere un ruolo chiave: il tumore del rene, nella maggior parte dei casi, viene diagnosticato in maniera incidentale nel corso di una visita urologica di controllo periodico a seguito di ecografie e TAC effettuate per altre indicazioni da parte dello specialista. Disturbi nella minzione, dolore localizzato nella zona lombare e presenza di sangue nelle urine sono i sintomi che rappresentano il primo campanello d’allarme che spinge i pazienti a rivolgersi all’urologo. A questo punto lo specialista, nel caso rilevasse la presenza di una malattia neoplastica limitata all’organo, può consigliare test diagnostici per immagini e poi scegliere il trattamento più adatto. Solo quando la malattia è in fase più avanzata subentra l’oncologo. In questi casi le opzioni terapeutiche più efficaci sono trattamenti sistemici con l’impiego di farmaci specifici in associazione con trattamenti chirurgici sul tumore e sulle metastasi oppure con i trattamenti più tradizionali come la radioterapia.